Due colonne in prima pagina

Dei quattro evangelisti, solo due sono qualificati, nel senso che a loro si attribuiscono titoli e caratteristiche peculiari. Il primo è Luca, il caro medico (Col 4,14); il secondo è Giovanni, il discepolo prediletto o amato (Gv 20,2).

A noi è venuta voglia d’indagare la loro peculiarità e vedere se essa li renda primi inter pares o, per dirla con un’espressione paolina, “super apostoli”.

Presi singolarmente, sotto questo profilo, non affiora nessuna caratteristica dai loro vangeli, se non quelle note, cioè di Luca il resoconto ordinato; di Giovanni l’alta teologia.

Tuttavia noi li vediamo insieme, li vediamo, cioè, uniti da una stessa materia, da una filigrana che se da una parte li rende unici, dall’altra anche li unisce.

Per vedere però la loro sostanza abbiamo bisogno di riscrivere leggerissimamente un nome proprio, che è quello di Giovanni, a cui aggiungeremo un’alfa, affinché la lettura ghematrica renda possible al nostro sguardo penetrare i vangeli dell’uno e dell’altro.

Non è questa operazione nuova: basti pensare che il blog ha stravolto ciò che già prima era andato distrutto e su quelle macerie ha di nuovo ricostruito.

Ci riferiamo alla Pasqua, cioè a Gesù stesso (Gv 12,27), che è stata tramandata alla Scrittura con l’orrendo πάσχα quando in origine era Πησχ che sin da subito richiama l’ebraico Pes-a-ch, cioè Pesch come il greco, qualora nella traduzione o traslitterazione sia caduta l’alfa, magari perché il calcolo ghematrico proprio questo consigliava, affinché emergesse lo 888 di
Πησχ che è identico ghematricamente allo 888 di Ἰησοῦς (Gesù).

Giovanni, dunque, diverrebbe, aggiungendo un’alfa, Ἰωάαννης per un valore di 926, quando il 925 originale di Ἰωάννης noi l’avevamo già incontrato scrivendo che in quel nome proprio si cela un destino, cioè quello del sommo sacerdozio ebraico, se Giovanni Ircano fu l’ultimo sacerdote indipendente, poiché Pompeo nel 63 d.C. rese Giuda provincia romana.

Il post che allora dedicammo all’argomento, qualora aggiungessimo un alfa a Ἰωάννης, non ne risente affatto, anzi, tutto diviene perfetto perché con il 925 (a.C.) di Ἰωάννης si cade, dal 989 a.C. (primo anno di regno di Davide a Gerusalemme), nel 64 a.C. (989 – 925 = 64) ; mentre con il 926 (a.C.) di Ἰωάαννης si cade nel 63 a.C. quando solitamente si data la riduzione di Giuda a provincia romana.

Chiaro questo, chiaro cioè il contesto, non rimane che tornare in tema e vedere se i due apostoli, Luca e Giovanni, siano legati, se non da una stessa sorte, almeno da uno stesso Vangelo, cioè da un Vangelo qualificato come qualificati erano gli autori: l’uno dottore; l’altro prediletto.

Il possesso di un titolo li unisce e così faremo noi: li uniremo ghematricamente sommando le rispettive lettere che compongono i nomi propri (Λουκᾶς e Ἰωάαννης) per ottenere 1453 che ridurremo a un calendario, a una cronologia che conduce al 1454/1453 a.C. quando noi facciamo rientrare Mosè in Egitto e proporsi liberatore del suo popolo.

Inoltre che quel 1454/1453 a.C. sia l’anno di Mosè è testimoniato dalla lettura ghematrica del suo nome proprio, cioè Μωϋσῆς, che è 1454 e in un calendario diviene valore perfettamente inserito in un’anagrafe che vedremo fermare la sua data di nascita al 1485 a.C. per un inizio esodo del 1425 a.C. e la sua fine nel 1385 a.C.

Dunque, la filigrana del Vangelo di Luca e Giovanni apparirebbe mosaica, stando alla lettura della somma dei rispettivi valori dei nomi propri. Come mosaica appare la tranche cronologica che si disegna su quella stessa filigrana, qualora noi sommassimo quel 1453 a.C. al 32 d.C. cioè all’anno che segna l’inizio del ministero pubblico di Gesù, stando al blog.

Infatti 1453 + 32 = 1485 quando il 1485 a.C. noi lo facciamo cadere nell’anno di nascita di Mosè stesso, per un’evidente parallelismo tra la nascita del liberatore Mosè e il Messia, altrettanto liberatore perché nuovo Mosè, nato, è vero, nel 15 a.C., ma nella carne, mentre nella natura, nello spirito (
quello stesso disceso sotto forma di colomba ) e nella missione nato però nel 32 d.C. a inizio ministero, perché allora si propose a Gerusalemme rompendo gli indugi di un intero popolo.

Qualcuno potrebbe non ricordare come noi abbiamo datato l’anno di nascita di Mosè e allora è necessaria una breve sintesi ricordando che noi abbiamo più volte indicato il falso nella genealogia matteana che si conclude in un insolito Abramo, laddove le generazioni di 35 anni indicherebbero però Mosè, se non fosse altro perché dal 15 a.C., anno di nascita di Gesù, si giunge di 490 anni in 490 (a tanto ammonta una singola delle tre tranches generazionali matteane) al 1485 a.C. esattamente, quando però il XV secolo avanti Cristo è il secolo in cui la teoria dell’esodo antico colloca Mosè, non Abramo, per cui quel 1485 a.C. abramitico è falso, mentre quello mosaico è vero.

Trattandosi di generazioni, viene spontaneo, poi, collocare in quell’anno una nascita che non può non essere che quella di Mosè trattandosi del XV secolo avanti Cristo, sempre in virtù della teoria sopra accennata.

Ecco dunque la nostra filigrana mosaica che emerge dalla somma dei nomi propri greci di Luca e Giovanni, filigrana che noi possiamo solo brevemente accennare, sia riguardo a Luca, sia riguardo a Giovanni, perché se il primo nel suo Vangelo esprime l’attesa di una città (Gerusalemme) attraverso la metafora di una malattia, quella dell’emorroissa, il secondo nel capitolo 10 del suo Vangelo esprime chiaramente un linguaggio esodale quando scrive che il Buon pastore “conduce fuori” le sue pecore, come Mosè condusse fuori un gregge storico, cioè un popolo. Riguardo a questa lettura del capitolo 10 giovanneo, credo che gli studiosi siano concordi, perché proprio loro hanno avvertita una tensione mosaica in quel capitolo 10.

Saremmo allora ben lieti se, a un esame specifico, li trovassimo d’accordo anche nella mosaicità dei due vangeli, di Luca e di Giovanni, uniti di nome e di fatto.

Solo degli specialisti dell’uno e dell’altro potrebbero far emergere il tratto mosaico che non solo affiora, ma che potrebbe addirittura risultare evidente e rendere i due evangelisti super apostoli o, come diremmo noi oggi, qualificati l’uno da un titolo, quello di dottore; l’altro da una predilezione, ma entrambi uniti da una peculiarità mosaica che affiancherebbe le loro pagine in due colonne, magari in prima pagina per una sintesi perfetta tra mente, Luca e il suo resoconto ordinato (Lc 1,3); e cuore, Giovanni chino sul petto di Gesù (Gv 13,25).

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