Scandalo a corte

C’è una questione ancora aperta nei vangeli e non crediamo che sia l’ultima per importanza perchè di mezzo ne va la coerenza della predicazione di Gesù che ora afferma una cosa ora un’altra essendo l’una contraddizione dell’altra.

Se la memoria non ci inganna, tale questione è aperta anche nella Filocalia, libro che abbiamo letto tutto d’un fiato per cui, data l’importanza in termini di pagine, possiamo sbagliarci; mentre non ci sbagliamo sulla Scala di Giovanni climaco che la affronta.

In sostanza tutta la questione verte sulle stesse parole di Gesù che in Mt 11,30 afferma la dolcezza e leggerezza del suo gioco, mentre in Mt 7,14 afferma che la sua via è angusta. Anche un lettore frettoloso come me capisce che delle due l’una: o tutto è facile, o tutto è difficile perchè le due espressioni sono inconciliabili.

Possibile che Gesù si contraddica fino a minare la sua credibilità e la credibilità della sua predicazione? Siamo certi che le persone di buona volontà si sono impegnate a dare un senso compiuto alla dicotomia, mentre quelle più sucettibili si saranno concentrate su altro, magari anche rispetto al Vangelo.

Tuttavia crediamo ci sia una soluzione che per essere spiegata deve citare il Detto 36 di Arsenio e deve al contempo spiegare cosa e chi siano gli affaticati e gli oppressi citatati dal Vangelo e dichiarati beati da Gesù.

Il primo, cioè il detto di Arsenio recita

36. Del padre Arsenio raccontavano che un giorno in cui era ammalato a Scete, il presbitero lo portò in chiesa e lo adagiò su un tappeto, ponendogli sotto al capo un piccolo cuscino. Venne un anziano a fargli visita e, vedendolo sul tappeto e con un cuscino sotto di lui, si scandalizzò. «Questo è il padre Arsenio? – disse – e su queste cose si mette a giacere?». Allora il presbitero, presolo in disparte, gli dice: «Cosa facevi al tuo paese?». «Ero pastore», rispose. «Come vivevi?». «Con molti stenti». «E ora come vivi nella tua cella?». «Ho maggiore sollievo». Gli dice allora: «Vedi questo padre Arsenio? Era precettore di imperatori nel mondo e gli stavano intorno migliaia di servi che portavano cinture d’oro, gioielli e vestiti di seta. Sotto di lui vi erano tappeti preziosi. Tu invece, che eri pastore, non avevi nel mondo le comodità che hai ora. Ed egli qui non ha le delizie di cui godeva nel mondo. Tu ora trovi sollievo, ed egli tribolazioni». A queste parole, fu preso da compunzione e si inchinò dicendo: «Perdonami, padre, ho peccato. Questa è realmente la strada vera, poiché costui è giunto all’umiliazione, io invece al ristoro». E se ne andò edificato

In questo apoftegma si concentra tutto il senso che stiamo cercando di spiegare, perchè se l’uno salendo ha migliorato la sua vita, l’altro, cioè Arsenio è disceso per cui l’ha peggiorata. In altre parole: se uno ha trovato il giogo leggero, l’altro lo ha trovato pesante.

Non necessariamente, quindi, le vie che conducono al cristianesimo sono identiche. Non è che il giogo sarà sempre leggero, come non sempre sarà la via impervia ma tutto dipende dalle nostre origini. Se esse erano di per sè dure in Cristo troveremo la quiete; se esse, al contrario, erano molli, come molle e viziata è una vita di corte, quello stesso giogo o via sarà pesante.

Se questo è chiaro, lo sarà anche il resto del post perchè abbiamo già diviso in due categorie i destinatari di parole solo in apparenza contraddittorie, perchè tutto dipende dagli interlocutori. Infatti, nel caso di quelli a cui è promesso un giogo leggero essi sono chiamati gli “affaticati e gli oppressi” e qui non bisogna commettere l’errore di considerarli due categorie di persone distinte perchè essi non sono “gli affaticati” e “gli oppressi”, ma “gli affaticati e oppressi”, cioè una sola categoria, in particoare una precisa classe sociale, cioè gli schiavi, quegli stessi che Gesù è chiamato a liberare (Lc 4,18) e a cui promette una condizione leggera rispetto al terribile prezzo di una schiavitù a vita.

Del resto non solo Gesù ha promesso la loro liberazione, ma ne ha condiviso anche la sorte, quella che li vedeva crocifissi se ribelli. Si è fatto quindi tutt’uno con la classe più infima non solo nella promessa ma anche nella sorte ed è a loro che dona speranza e dona il paradiso dopo l’inferno in terra.

Non conosciamo cosa fu il cristianesimo delle origini, non conosciamo cosa accadde in una società elevata sulla schiavitù se non per sentito dire e talvolta neppure per quello, ma conosciamo però il Padre nostro e quel pane “giorno per giorno” a chi si faceva cristiano per cui sarebbe superficiale parlare di una religione alienante che ha fatto credere a un miraggio e non a un esodo ricco di manna.

Gesù secondo noi non si contraddice e non ha consegato una croce agli esegeti, come non ci ha affidata una Scrittura instabile nella forma e nel concetto, ma ci ha solo consegnato, mollicci e viziati come siamo, una stuoia e un cuscino come scandalo non stranamete per i benpensanti, ma per i guardiani di pecore e sta a noi edificarli.

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