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C’è un fiume che Apocalisse cita ed è l’Eufrate, un Eufrate destinato a prosciugarsi per permettere il passaggio ai re dell’oriente (Ap 16,12) affinchè Babilonia possa cadere. Anzi, è proprio il prosciugamento del fiume che ne annuncia la caduta e permette, come in Esodo, che il popolo o i re di Dio possano passare all’asciutto come Mosè.

Dunque capire questo è importante e costituisce il prodromo delle azioni successive che non staremo neanche a riassumere dicendo solo che Babilonia si caratterizza per i suoi sterminati commerci, tanto che fa mercato anche delle anime (Ap 18,13).

Da notare allora che quel fiume non è solo ciò che si secca, ma ciò che manda in secca e in questo senso è altrettanto importante notare che storicamente Babilonia si estendeva sulle due rive dell’Eufrate che dunque non solo garantiva l’approvvigionamento idrico e la difesa, ma ancor più sviluppava i suoi commerci, perchè l’Eufrate era navigabile e da sempre nell’antichità su quei fiumi si sviluppava il commercio. Dunque il prosciugamento dell’Eufrate estinguerà lo sterminato mercato babilonese generando la crisi che produrrà la sua caduta.

Se questo è chiaro e sensato non rimane che attualizzarlo al di là del mero simbolo che la scena esprime e che molti prima di noi hanno spiegato. A noi rimane solo di vederci il futuro magari prossimo se quell’Oriente sta appena svegliandosi; se al giorno d’oggi i due terzi della popolazione mondiale risiedono là e se i re dell’oriente non sono il re dell’oriente, come giustamente scrive Apocalisse, ma costituiscono regni che sono più d’uno e ad oggi sono Cina, India e Russia.

Il flusso dell’Eufrate, cioè dei mercati, infatti, già è dirottato sul Pacifico perchè là è il mercato del futuro prossimo e questo nel giro di poco tempo prosciugherà la via del commercio internazionale sinora solidamente tracciata in occidente attraverso l’Atlantico.

L’interesse sempre maggiore per i mercati asiatici, quindi, costituisce il prodromo non tanto di una fase economica, ma della caduta di un’entità che finora ha fatto il cattivo e il bel tempo proprio nei mercati globali di cui ne è stata la madre, cioè Babilonia, la grande città, che ha colonizzato il mondo attraverso proprio un commercio destinato però a sparire dalle sue rotte.

Mi viene da pensare, allora, che tutta la questione Ucraina sia dovuta all’analisi che i mercati hanno fatto della situazione, comprendendo che l’Occidente, l’Europa, non ha più futuro a meno che non si apra un varco a oriente, non apra, cioè, una nuova via della seta che dia respiro alle sue merci, attualmente ferme in porti destinati al declino.

La presenza però di una scoscesa parete granitica a oriente, cioè la Russia di Putin, non ha finora permesso il progetto e per questo si è tentato e si tenta un’azione di forza di cui l’annessione alla NATO dell’Ucraina non è altro che il grimaldello, cioè una provocazione intollerabile a cui la Russia non poteteva non reagire, ma alla quale l’Occidente, se voleva sopravvivere, non poteva rinunciare.

Tutto ciò non nè una congettura, nè una congiuntura ma un destino che Apocalisse ha scritto e che forse noi vedremo, vedremo cioè l’eclissarsi di Babilonia nel mare perchè i suoi peccati sono giunti fino al cielo, cioè non ha posto limite ai suoi crimini e Dio, provocato anch’esso, si è ricordato di lei (Ap16,19).

Paradossalmente la sua fine defintiva non sarà all’asciutto, non sarà determinata dal prosciugamento delle sue vie di comunicazione, ma sarà gettata nel mare da un angelo potente (Ap 18,21), quando il mare non è un luogo di vacanza, ma secondo noi una precisa nazione e chiesa: quella russa e ortodossa che infatti sta vivendo il suo risveglio dopo un letargo imposto dal rigido inverno della rivoluzione e sembra nutra mire espansionistiche.

Possono essere parole a caso, le mie, ma vale la pena aspettare perchè forse non c’è molto al grido che sancirà la scomparsa di un impero. Vale la pena aspettare i rumors di mercato, in particolare Ἔπεσεν, ἔπεσεν Βαβυλὼν ἡ μεγάλη cioè “E’ caduta, è caduta Babilonia la grande”. Sì vale la pena aspettare se non altro per la gioia dei piccini.

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