Il Cristo, la croce e la donna: una passione insolita

Ci siamo occupatI dei dogmi nei post precedenti e abbiamo visto che a nostro modesto avviso sono stati solo la spada che ha tagliato il nodo concettuale, logico e teologico che non si riusciva a dipanare. Come nel caso dell’ Immacolata concezione e il canone del Nuovo Testamento spesso ciò e’ avvenuto sotto lo sguardo attonito della chiesa, quella bassa, sempre alle prese con le decisioni di quella alta che le cala a suo consiglio e sentire.

Questa, però, è la volta di un sacramento, il matrimonio, che sente solo il popolo, tenuta com’ è, la chiesa alta, al voto della castità certamente rispettato ma ciò non toglie che il popolo sia tenuto a votarsi al matrimonio perché santo, almeno così si dice.

E’ cosa buona e giusta che l’ uomo non sia solo, tanto che a Cana si sono sposati con un padrino e una madrina d’eccezione: Gesù e Maria. Ma e’ così? E’ insomma vero che a Cana si abbia la notizia del primo matrimonio santo e cristiano?

Sulle prime saremmo tentati anche noi di pensarlo, se non altro perché se la Chiesa lo definisce un sacramento avrà certamente preso a modello due sposi esemplari, perché non s’istituisce un sacramento sul sentito dire o sentito parlare: un sacramento è non è un Sacramento?

Eppure c’è qualcosa che non quadra se si legge la scena al di là del sentito dire, c’è qualcosa che va storto in quella festa nuziale, ed è il vino che non va giù liscio ed ha un deciso retrogusto amaro. Infatti se è vero che i novelli sposi sono brave persone -lo conferma la presenza di Gesù e Maria- tutto però scivola in un frainteso a sorsi che stordisce il lettore, magari poco attento ai particolari.

Il primo sorso è il semplicemente ovvio: Maria non ha il carisma della preveggenza né quello di vedere attraverso le mura della cantina. Ella sa che il vino e’ finito grazie alle voci che già circolavano fra i tavoli. Ella chiede l’ intervento di Gesù per evitare agli sposi una figura davvero pessima: non solo è finito il vino buono, ma anche quello cattivo che come in tutti i banchetti e’ stato offerto all’ ultimo, ma e’ finito anche quello perché, è evidente, si sono fatte le cose al risparmio e non perché Gesù e sua madre siano stati invitati in una bettola: e’ un matrimonio.

Maria, da madre , s’impietosisce ed e’ qui che arriva il secondo sorso acido:”Che c’è tra me e te donna?” replica Gesù con un’ espressione spesso in bocca ai diavoli del Vangelo (MT 8,29). Questa scena la si e’ spesso stravolta per negare l’ innegabile, cioè l’ epiteto offensivo che non e’ però rivolto a Maria, ma a noi.

“Che c’è tra me e te donna?” significa “che ho a che fare con le donne io?” che non significa disprezzo per il genere femminile, ma solo un mettere in guardia l’ uomo, e la donna, proprio dal matrimonio, da un sacramento sconsiderato stigmatizzato con la stessa veemenza di quella che i diavoli rivolgono a Gesù: “Che c’è tra noi e te? Sappiamo che sei il Cristo!”. Dunque è il diavolo che padroneggia tutta la scena e offre il terzo sorso amaro.

Gesù opera però lo stesso il miracolo e ordina ai servi di riempire di acqua le giare per poi servire a tavola il vino. Qui si focalizza tutto l’ antefatto descritto nei paragrafi precedenti. Infatti quel vino eucaristico dà alla testa perché interviene il diavolo in persona, cioè il maestro di tavola, che copre di elogi lo sposo che certamente sapeva prima di tutti che era finito anche il vinaccio perche avvertito, sin che prima finisse, dai suoi servi.

Ma di fronte a tutti quegli elogi, cioè al “tu sì che sei un marito ideale, tu sì che sei un genero invidiabile e chissà che padre illustre sarai…se tieni un vino così per ultimo “, non capisce più nulla e neanche ha ritegno d’informarsi non solo su ciò che sia successo, ma neppure su chi debba ringraziare, quando era necessario soltanto chiedere ai servi che sapevano tutto, sapevano che avevano portato acqua ma avevano attinto vino (Gv 2,9).

Adesso siamo all’ ultimo sorso, quello precedente il Calice. Abbiamo infatti scritto che il matrimonio univa certamente due brave persone se Gesù e Maria erano presenti. In particolare lo sposo era un bravo ragazzo che voleva solo metter su famiglia, ma poi, su istigazione del maestro di tavola, cioè il diavolo, diviene all’ istante, da bravo ragazzo qual era, un marito, cioè un bugiardo vanaglorioso che si attribuisce tutta la splendida scena quando di suo era stato solo uno sposo di manica un po’ corta, vuoi per scelta che per necessità.

Quel “che c’è tra me e te donna” e’ dunque un paradigma che coniuga tutti i matrimoni del mondo e a noi è concesso solo di scegliere il tempo e il modo lasciando però inalterato il senso di un sacramento calato dall’ alto sulla pelle degli altri, disattendendo l’opportuno consiglio che Gesù da’ a tutti “Che c’è tra me e te donna” o uomo che sia perché sarà il maestro di tavola a farvi la festa.

Adesso passiamo al Calice promesso, quello della passione con la pi minuscola, che offre, attraverso i numeri, la gradazione del vino sin qui bevuto Sarà un caso che in Giovanni l’ occorrenza di “Cristo”, stando a diverse edizioni, sia 21; sarà un caso che l’ occorrenza di “donna” sia altrettanto 21 (CEI 1974) e sarà pure un caso che secondo il blog la ghematria di croce in greco e’ 777 , cioè 21, ma a noi pare che stiano nello stesso Calice, per cui pensateci ugualmente sù due volte quando qualcuno o qualcuna vi farà girare la testa, sperando che non sia già troppo tardi.