I giorni dell’ Esodo

Abbiamo ancora nella memoria quanto a suo tempo scrisse Ratzinger nel suo Gesù di Nazaret circa il pane quotidiano, cioè che è frutto di una traduzione impossibile. Risulta ancora un mistero, quindi, il senso di una parte fondamentale del Padre nostro, spesso rimaneggiato, ma non li che rimane fermo “pane quotidiano”.

Adesso è inutile addentrarci nel greco e nel latino per venirne a capo, perché noi facciamo tesoro di quanto ogni professore di ginnasio dà come consiglio di fronte a termini intraducibili, cioè il senso della versione.

Quel senso è chiaro se si ha chiaro il “Pastore, quello grande” della lettera agli Ebrei in 13,20 e il linguaggio tipicamente esodale del Buon Pastore citato in Giovanni 10, aspetti che riconducono a un esodo, anzi, all’ Esodo.

Esso è ancora in atto e vi partecipa ogni cristiano che fugge dal mondo sotto l’egida di Gesù che ci introduce e ci guida nel deserto dove signoreggia la manna, cioè la provvidenza di Dio che cura il popolo scelto.

Quella manna ha una caratteristica: piove dal cielo giorno per giorno tant’è che non deve essere accumulata. Così deve essere anche nel nostro esodo che confida in una manna giorno per giorno e che sostituisce il “pane quotidiano”.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, quindi, non e’ corretto perché molto più significativo e vicino al senso suggerito dalla Scrittura e’ “dacci oggi il nostro pane giorno per giorno”, cioè la nostra manna che ieri come oggi accompagna l’ esodo.

Dicevamo in apertura che e’ il senso a suggerire la traduzione migliore e quel senso emerge non solo dai passi della Scrittura, ma anche dal buon senso piucchè da un letteralismo di comodo, perché con il pane “giorno per giorno” si costruiscono le Chiese, con quello “quotidiano” o del fornaio gli stati del mondo, acerrimi nemici di ogni esodo come l’ Egitto e i suo faraoni.